Gioco patologico, uno studio fa luce sull’efficacia delle misure di contrasto

21/06/2022
Attualità
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Dopo il periodo di lockdown legato all’emergenza da Covid 19, si è tornato a parlare in maniera seria e importante di gioco d’azzardopatologico. Un tema che non ha mai smesso di essere al centro dell’agenda di dibattito di politici ed esperti del settore, ma che adesso torna con rinnovata potenza, dal momento che i numeri del fenomeno sono in aumento, soprattutto tra i più giovani. 

E sono tanti, in questo senso, gli strumenti e i dispositivi messi a disposizioni dalle aziende e dalle istituzioni per contrastare questo fenomeno negativo. L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, è quello che porta il nome di Help Ludopatia, un canale creato dalla sinergia di diverse associazioni ed enti. Le aziende invece mettono in campo strumenti, tecnologie, canali privilegiati per supportare gli utenti. Ma qual è l’efficacia di questi strumenti? Lo spiega un recente studio.

IL PARERE NEGATIVO DELLA RICERCA

L’indagine è stata svolta dalla SIP, “Società Italiana di Psichiatria”, e ha un responso tutt’altro che positivo: queste misure, infatti, sono definite inadeguate. Meglio puntare sul registro di autoesclusione, ad esempio, rispetto che sul distanziometro.

Ma entriamo nello specifico dello studio, che porta il titolo di “Preventive strategies in gambling disorder: a survey investigating the opinion of gamblers in the Lazio region”. Come riporta il sito Gaming Insider, che ha analizzato in maniera approfondita lo studio regionale, il campione degli intervistati era suddiviso in diversi ambienti sia online che offline, andando da piattaforme digitali fino a sale gioco, ambulatori e simili. Il focus era quello di una analisi sull’impatto delle misure legislative. I dati parlano di un 61% dei giocatori patologici, contro il 40% dei giocatori non patologici, che giudica inutile istituire un limite di numero di partite. Il 50% dei giocatori reputa invece inefficace il distanziometro

LA PAROLA ALL’ESPERTO

A spiegare ulteriormente l’esito della ricerca è il Dottor Mauro Pettorruso, psichiatra e ricercatore presso l’università Gabriele d’Annunzio di Chieti, che ha dichiarato: “Per contrastare il problema della dipendenza da gioco d’azzardo è più efficace istituire il registro di autoesclusione, dare informazione sui rischi del gioco d’azzardo, ma anche limitare la pubblicità oltre a proibire l’accesso alle sale da gioco ai minori di 18 anni, particolarmente fragili”. È il infatti l’88,2% dei giocatori patologici intervistati a dirsi favorevole ai registi di autoesclusione. 

Bisognerebbe, insomma, seguire il sistema di Germania e Spagna, paesi dove per giocare bisogna inserire la tessera sanitaria. Deve partire da qui il cambiamento dell’industria del gioco. 

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