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Sotto chiave il tesoro dei Tripodo: la Finanza sequestra 3 milioni di euro

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Dalle prime luci dell’alba, i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma stanno eseguendo un provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale di Latina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di soggetti apicali della cosca TRIPODO di Reggio Calabria, da anni presente nell’agro sud-pontino, per un valore complessivo di stima di oltre 3 milioni di Euro. In particolare, le indagini economico-patrimoniali condotte dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale hanno consentito di ricondurre alla sfera di influenza del pregiudicato mafioso Carmelo Giovanni TRIPODO un rilevante patrimonio - mobiliare, immobiliare e societario - palesemente incongruente con i redditi dichiarati. Le investigazioni trovano la loro genesi nelle inchieste DAMASCO e DAMASCO 2 (entrambe dirette dalla D.D.A. di Roma) che, nel luglio 2009, portavano all’arresto del TRIPODO - peraltro già gravato sin dal 1983 da significativi precedenti di polizia per associazione a delinquere finalizzata al sequestro di persona a scopo di estorsione, violazioni alla normativa sugli stupefacenti e in materia di armi e usura - quale vertice di una struttura mafiosa (più nota come clan TRIPODO-TRANI), operante nel basso Lazio, finalizzata ad acquisire la gestione ed il controllo di attività economiche e commerciali, anche avvalendosi del condizionamento operato all’interno del Comune di Fondi. In tale contesto, emergeva come il TRIPODO - trasferitosi in quella zona da circa 30 anni - fosse riuscito ad imporre logiche mafiose in un territorio distante dalla Calabria, anche attraverso documentate contiguità con un politico ed amministratore locale, già Consigliere Comunale e Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Fondi, considerato il “trait d’union” tra le istituzioni pubbliche e gli interessi della ‘ndrina calabrese. A tal riguardo, veniva accertato che il settore delle pulizie fosse particolarmente caro al TRIPODO, al punto che lo stesso “assegnava” a qualificati e fidati “prestanome” - precedentemente mere dipendenti - ruoli apicali all’interno di alcune società, oggi sottoposte a sequestro. Anche per tali fatti, nel giugno 2013, la Corte D’Appello di Roma condannava il TRIPODO alla pena di 10 anni di reclusione in quanto ritenuto responsabile - tra l’altro - del reato associativo di cui all’art. 416 bis c.p.. GUARDIA DI FINANZA. ROMA: SEQUESTRATI BENI PER OLTRE 3 MILIONI DI EURO A UNA COSCA DI ‘NDRANGHETA OPERANTE NEL BASSO LAZIO. 1 Considerati i plurimi elementi emersi sul conto del TRIPODO, su delega della locale Procura della Repubblica di Roma, sono stati eseguiti mirati approfondimenti economico-patrimoniali nei confronti di numerose persone fisiche e giuridiche, finalizzati alla ricostruzione dell’intero patrimonio posseduto dal TRIPODO, sia direttamente che indirettamente, non soltanto allo scopo di cristallizzare la ricchezza attualmente posseduta, ma anche per evidenziare le relative fonti di produzione ed accertare l’evidente sproporzione esistente tra la consistenza patrimoniale e l‘attività economica ufficialmente svolta. All’esito degli accertamenti, l’Autorità Giudiziaria capitolina richiedeva al Tribunale di Latina, ai sensi del Codice Antimafia (D. Lgs. nr. 159/2011), l’emissione di apposito decreto ablativo nei confronti del boss Carmelo Giovanni TRIPODO, nonché dei relativi familiari e dei prestanome individuati. Conseguentemente, in data 10.3.2017, il Tribunale di Latina, aderendo all’ipotesi investigativa formulata, con il provvedimento eseguito in data odierna dal G.I.C.O. di Roma, ha disposto il sequestro di:

- patrimonio aziendale e relativi beni di 4 società, esercenti l’attività di “pulizie” e “trasporto merci per conto terzi”;

15 fabbricati

9 terreni, siti a Fondi (LT);

 4autovetture; 

13 autocarri;

-rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni;

per un valore complessivo stimato di oltre 3 milioni di euro.

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