Intervista a cura di Irene Chinappi, Giornalista, responsabile comunicazione per Lorena Cogodda
Lorena Cogodda è mamma di Davide, assessore al Comune di Sperlonga e assicuratrice. È candidata nella lista "Energie per l’Italia" di Stefano Parisi come consigliere regionale del Lazio. Lorena, due mandati nell’amministrazione del Comune di Sperlonga, quest’ultimo al fianco del Sindaco Armando Cusani.
Come mai la scelta di aderire al partito di Parisi?
Sono sempre stata una donna di centro destra, la mia adesione a Forza Italia è durata molti anni. È un grande partito, con un grande leader. Ma ha fatto il suo tempo. A volte non è facile accorgersi che il sogno per cui si è sempre lottato sta svanendo, che il contesto e le persone cambiano. E allora bisogna avere il coraggio di fermarsi. E innovare prima che sia troppo tardi. Il partito di Berlusconi non è più quello di una volta. Molti, troppi sono i delusi del partito e che abbiamo osservato migrare nei casi più gravi verso il Movimento 5 stelle. Una scelta che va interpretata come una protesta. E questo non può più andar bene.
Il Paese ha bisogno di energie nuove. Abbiamo perso i sogni perché nelle condizioni in cui siamo non possiamo nemmeno permetterci di sognare. E questa è la cosa più grave. Siamo troppo occupati a dover trovare il modo migliore per guarire dalle malattie senza aspettare anni per una visita, a dover trovare il modo per sopravvivere, pagando bollette e tasse. Non possiamo nemmeno permetterci di sognare. Ecco perché ho scelto di candidarmi con Stefano Parisi. Perché non posso più aspettare. Non posso aspettare che mio figlio cresca senza la possibilità di lavorare e di curarsi come un normale cittadino europeo. E allora voglio essere il cambiamento che questa Regione merita insieme a Stefano Parisi, l’unico candidato in grado di risolvere davvero i nostri problemi. Con lui c’è stata subito intesa, ho condiviso posizioni e programmi. E la scelta di essere libera dai vecchi partiti. Si guarda avanti per fare, e basta.
Quali sono i temi principali che stai trattando in campagna elettorale?
La sanità è la priorità in assoluto. Perché riguarda la salute e la sicurezza dei cittadini. La Regione Lazio indossa la maglia nera. Per una visita o un esame un cittadino della nostra regione deve aspettare in media 83 giorni: è l’attesa più lunga di tutto lo stivale. Ciò significa che se ha una malattia grave nel frattempo può anche morire. Un primato vergognoso.
Zingaretti ha fallito, non c’è dubbio. Non c’è nulla che lo possa giustificare. I cittadini vivono nel panico. Basti pensare che solo il 30% dei residenti nel Lazio si rivolge ad una struttura privata. I costi sono troppo alti, ecco perché il restante 70% preferisce restare in balìa delle liste d’attesa.
Proprio oggi ho chiamato il Cup per una Tac toraco-addominale al Santa Maria Goretti. Sa che mi hanno risposto? Che con il servizio sanitario nazionale la lista d’attesa è chiusa, non è nemmeno possibile prenotare. Ma in libera professione posso andare anche domani pagando 480€. Questo è il paradosso della sanità laziale. Non siamo cittadini liberi di scegliere, nemmeno quando siamo malati e rischiamo la vita. Anzi, è proprio lì che siamo alle strette. Io propongo una soluzione. Da una parte abbiamo una marea di centri diagnostici privati, a cui possiamo liberamente accedere a pagamento, dall’altra le liste d’attesa stracolme del servizio pubblico. C’è uno squilibrio esagerato, indegno di una società fondata sul bene delle persone. Dobbiamo riequilibrare la situazione e dare la possibilità a tutti di accedere alle cure: se il servizio pubblico non ce la fa aumentiamo gli accrediti ai privati, diamo loro le risorse per poter offrire un servizio ad un prezzo accessibile ed umano per tutti. In modo che i cittadini possano essere liberi di scegliere. Anche per questo “Liberiamoci” è il nostro slogan.
A proposito di sanità. Torniamo sul territorio. Che ne pensa dell’ospedale di Fondi?
Penso quello che pensano tutti: è un ospedale in agonia. Non ci porterei mai mio figlio Davide né i miei cari. Dobbiamo ammetterlo: il San Giovanni di Dio è stato un ospedale d’eccellenza per anni, in diversi settori, dalla ginecologia alla chirurgia. Oggi si tiene in piedi solo grazie ad alcuni professionisti che sono rimasti. Ma loro stessi sono costretti a turni massacranti e privati di spazi e attrezzature scientifiche all’avanguardia.
I reparti sono carenti, i servizi ridotti all’osso. Il pronto soccorso non è in grado di soddisfare le emergenze più importanti. La garanzia di essere presi in cura in totale sicurezza e per qualsiasi necessità sanitaria è inesistente. Questo significa che i cittadini del comprensorio vivono nel terrore costante che qualcosa possa loro accadere perché non hanno alcun riferimento che gli assicuri un’assistenza adeguata a qualsiasi emergenza.
E quindi, cosa propone?
Mi porrei piuttosto una domanda e la voglio porre ai cittadini stessi di Fondi e del comprensorio: è utile tenere un ospedale in queste condizioni? Non sarebbe meglio convertirlo in una struttura dedicata ai servizi sanitari territoriali?
Ma così non toglierebbe un punto di riferimento per le emergenze?
Perché lei andrebbe mai al pronto soccorso di Fondi se si sentisse davvero male? Lo ritiene un punto di riferimento sicuro? Io no. Non corro il rischio di mettere in pericolo la mia vita e quella delle persone che amo. A questo punto preferirei un sistema di trasporto e punti soccorso organizzati per intervenire nel minor tempo possibile e nel miglior modo possibile, per fornire la massima sicurezza ai cittadini.
Come lo immagina allora?
Immagino ad esempio un grande centro territoriale per la diagnostica o un hospice per malati terminali, purtroppo ne abbiamo sempre più bisogno.
E i dipendenti dell’ospedale che fine fanno?
Non perderebbero il lavoro se li mettiamo al servizio di queste strutture. Vivremmo tutti più serenamente perché sapremmo davvero cosa fare nei momenti di emergenza, a chi rivolgerci e affidarci in tempi brevi.
Restando a Fondi, qual è la sua posizione sul Mercato ortofrutticolo?
Il Mof è alla canna del gas. Non possiamo guardarlo soffocare e non fare nulla. È il più grande mercato ortofrutticolo d’Italia, il secondo d’Europa. È il polmone verde della nostra provincia prima e del Lazio poi. Esportiamo i migliori prodotti ortofrutticoli, dovremmo avere un’economia da capogiro. E invece da capogiro sono le cifre negative. Il Mof ha bisogno di interventi urgenti da parte delle istituzioni, una gestione decisa ed efficace che manca ormai da anni. E poi basta con la partecipazione pubblica: deve essere un libero mercato privato. Risolviamo i problemi finanziari e rilanciamo l’economia. Dobbiamo poi risolvere il problema dei trasporti: un grande mercato non può continuare a viaggiare su strada. Realizziamo un piccolo aeroporto locale, ci permetterà anche di aumentare l’indotto turistico con le compagnie low cost che venderebbero direttamente le destinazioni del nostro comprensorio: dal mare cristallino di Sperlonga ai borghi caratteristici dei nostri monti, ai giardini di Ninfa, elogiati anche dal New York Times, alle centinaia di destinazioni e luoghi splendidi che il nostro territorio offre.