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Capitello: la Soprintendenza fa il punto sugli studi in corso

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È questa una variante del capitello corinzio “classico”, sviluppatasi in ambiente attico e non molto frequente in occidente, con il kalathos rivestito da baccellature che sembrano emergere da una sola corona di foglie d'acanto. È privo, pertanto, degli altri elementi strutturali della decorazione vegetale.

Nel caso in esame, databile con una certa sicurezza al periodo tardo-repubblicano, e più precisamente nella prima metà del I secolo a.C., le otto foglie di acanto nella parte inferiore del kalathos, ben distinte le une dalle altre, sono rese in modo piuttosto appiattito e presentano un acanto pinoso con i lobi strettamente raccolti intorno alla nervatura centrale ed articolati in forma ricurva solo nella parte superiore.

Nella parte superiore del capitello si dispone invece una fitta sequenza di baccellature semilunate lisce e a sezione concava, fortemente scavate. Il loro numero, 24, sembra rimandare ad una tipologia “asiatica” piuttosto che a quella greca. Le estremità arrotondate incurvandosi in alto sostengono l’orlo del kalathos, qui leggermente accennato.

I lati dell’abaco, di cui uno parzialmente perduto, sono rettilinei e presentano due ampi listelli.

La scelta del marmo, oltre che alla resa stessa del pezzo, pone importanti questioni relative alla provenienza del reperto e alle maestranza che lo ha eseguito: ci si trova davanti ad un oggetto di importazione, ossia all’intervento “diretto” di maestranze greche o di tradizione greca, o si tratta di un reperto realizzato da “officine locali” formate da maestranze greche. Se risulterà corretta la cronologia alta proposta, e cioè la prima metà del I sec. a.C., la prima ipotesi appare come la più probabile, fondandosi anche sull’aspetto “finalizzato” della produzione, individuabile in un’area ben precisa della villa nella sua facies tardo-repubblicana.

Il capitello costituisce una ulteriore conferma del successivo sviluppo della produzione dei capitelli a calice in Campania e nel Latium adiectum tra le metà e i decenni finali del I sec. a.C., con particolare apprezzamento del loro impiego, sia da parte di Augusto che di Agrippa, sia da parte delle élites locali, in quelle manifestazioni di evergetismo da loro poste in essere e legate, soprattutto, ad interventi di carattere pubblico, un momento ben difficile da accettare se l’oggetto di queste righe è strettamente connesso con un villa ad otium.

La presenza di un capitello su un tratto di spiaggia prossimo all’area archeologica della Villa di Tiberio, è stata notata dal Sig. Francesco Rendinaro che ha provveduto a segnalarlo, facendo avvisare, dal presidente della Associazione A.S.S.O. dott. Mario Mazzoli, la Soprintendenza. Le operazioni di recupero si sono svolte venerdì 9 marzo e sono state eseguite, sotto il controllo della Soprintendenza e del Comune di Sperlonga, nella persona dell’Assessore ai Beni Culturali Stefano D’Arcangelo. Si ringraziano tutti coloro che hanno collaborato al recupero, compreso la A.S.S.O., la cui collaborazione si è rivelata indispensabile.

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